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Genepì, il liquore che “farebbe digerire una bomba”

Parola di De Amicis, che nel 1883 ne scrisse nel suo “Alle porte di Italia”. Il Genepì in effetti ha una fama smisurata, ed è noto fin dall’antichità per le sue numerosissime proprietà, da quella antinfiammatoria a quella… afrodisiaca

Ci sono poche piante dalla fama tanto ingombrante. A quella del genepì, che prende il nome da un termine francese generico per indicare le erbe aromatiche di montagna, sono state attribuite una miriade di proprietà. La più nota è quella digestiva, tanto che De Amicis, dopo aver provato il liquore, scrisse nel suo Alle porte di Italia, che “farebbe digerire una bomba lessa”. Ma anche antinfiammatorie, rilassanti, gastroprotettive, cicatrizzanti e disinfettanti. Ma scopriamo più da vicino questa erba miracolosa, da cui è prodotto uno dei liquori più celeberrimi dell’arco alpino.

Origini e parentele

Sebbene ci sia un po’ di confusione per quanto riguarda la nomenclatura della variante utile per produrre il liquore, la più accreditata è l’Artemisia genepi. Si tratta del genepì “maschio”, che si distingue dalle altre tipologie per il suo indubbio aroma, assai più pronunciato, e per la disposizione dei capolini fiorati, che assumono il tipico aspetto di spiga compatta, grigio-gialla. Tale varietà possiede la più alta concentrazione di principi attivi, che esplicano nell’uomo una potente azione neurotonica sulle vie digestive. 

Per alcuni, il nome è dato dal termine greco artémes, ovvero sano, grazie alle numerose proprietà medicinali possedute da questa pianta; mentre per altri deriva dalla dea Artemide, divinità greca protettrice degli animali selvatici e della foresta. Le virtù benefiche di questa pianta, infatti, non sono utili solo per agli esseri umani. I camosci, ad esempio, conoscono molto bene il Genepì, e lo brucano al fine di guarire da numerosi malanni.

In tutti i casi, in pochi colgono l’assonanza con un’altra celeberrima erba alpina: l’assenzio, o anche Artemisia absinthium, appartenente anch’esso al genere Artemisia, e non è un caso che sia altrettanto famoso per le sue mille virtù.

La pianta genepì, specie protetta

A causa della sua fama, a partire soprattutto dal XVIII secolo l’erba di genepì è stata largamente utilizzata per creare decotti, liquori, infusi, unguenti e chi più ne ha, più ne metta. Sebbene i preparati servivano a curare numerosi malanni, tale pratica ha causato il depauperamento della specie, che ha rischiato l’estinzione arrivando a convincere le autorità a dichiararla specie protetta.

Il Genepì cresce infatti in condizioni incredibili, spuntando tra vette rocciose che arrivano fino a 3.000 metri, nei macereti, sui terreni morenici, ai piedi dei ghiacciai, sfidando il gelo nella sua caparbia resistenza all’inverno in quanto specie perenne. 

Oggi, il Genepì utilizzato per il liquore deriva quindi da coltivazioni sparse lungo tutto l’arco alpino, collocate per lo più a quote più basse (1900-2000 m s.l.m.) rispetto all’habitat dove esso cresce spontaneamente (2.200-3.000 m s.l.m.).

Le mille leggende del Genepì

Un vecchio detto vallesano recita che il Genepì “fait du bien à madame quand monsieur le boit”. Sebbene non ci siano studi scientifici a riguardo, le sue proprietà energizzanti e tonificanti sono percepibili ad ogni sorso. 

Oltre dunque al suo potere digestivo, il Genepì è stato creduto responsabile, nei secoli, degli effetti più disparati. Un attonito Rousseau, ad esempio, nel suo Les confessions, descrive la morte del povero giardiniere Claude Anet, il quale, raffredatosi dopo essersi inerpicato lungo i pendii alpini proprio per raccogliere la rara pianta, contrasse una pleurite letale che neppure il genepì potè curare.

Più scientifiche le osservazioni del botanico torinese Carlo Allioni che, nel suo Rariorum Pedemontii Stirpium del 1755, così decantava le sue virtù: “assenzio alpino, chiamato dalle genti alpine col termine di Genepi, serve a molti morbi e, promuovendo la sudorazione, i nostri medici lo usano con successo in tutti quelli che necessitano di un’esalazione sudorifera“.

Meglio freddo come aperitivo, liscio come digestivo, o caldo?

Ma quindi, come bere il leggendario Genepì? I suoi usi sono davvero variegati. Si può infatti prenderlo liscio, come tonico e digestivo, on the rocks o con seltz per gustarlo appieno e dissetarsi, oppure caldo, preparato come grog, per un effetto energetico e corroborante.

Ma anche come cocktail non manca di stupire. Prediletto nei pre dinner e negli after dinner, il Genepì si presta come aromatizzante d’eccezione per i long drink. 

Infine, non dimentichiamoci del suo utilizzo in cucina, per la preparazione di primi piatti saporiti e fantastici dolci.

A proposito, se vorrete avere qualche ricetta puntuale, non dimenticate di seguire il nostro blog: presto ne arriveranno!

Il genepì nella proposta dei nostri produttori

Se l’articolo vi ha stuzzicato la curiosità e non vedete l’ora di provare qualche preparato a base di Genepì, abbiamo una buona notizia: nel nostro shop potrete trovare due prodotti d’eccezione, ottimi per assaporare appieno la famosa erba alpina.

Il primo è il classico e famigerato liquore Genepì dell’azienda Rostal. Si tratta di un prodotto di prima qualità a base dell’omonima erba coltivata in forma biologica, di cui un piccolo stelo è presente, come grazioso ornamento ma soprattutto come aromatizzante, nella bottiglia stessa.

La pianta di genepì è poco produttiva e tutt’oggi non esistono varietà in grado di garantire un rendimento costante. Tutto ciò non ha scoraggiato Gaston Haenni (il fondatore dell’azienda e padre dell’attuale proprietario Fabrice) che si è buttato in questa avventura diventando in parte responsabile della recente riscoperta di questo mitico liquore anche nelle nuove generazioni. Una scelta vincente, che gli è valsa anche il prestigioso premio Prix d’innovation agricole suisse.

Altro prodotto molto interessante e particolare è il Gin Genepi dell’azienda vallesana o2Vie. Si tratta di un Gin dal sapore caratteristico e deciso, in cui tutti gli ingredienti ed in particolare il leggendario genepì delle Alpi si fondono dando un carattere sottile ed equilibrato.  Distillato in alambicco tradizionale, il tasso alcolico è portato a 45 gradi cosi da valorizzare al meglio tutto il suo aroma.